Assegno postdatato e truffa aggravato: configurazione del reato

assegno postdatato

Emettere un assegno postdatato sapendo che non c’è e non ci sarà adeguata copertura della somma, integra il reato di truffa aggravata.
Questo è quanto statuito dalla Seconda Sezione della Cassazione Penale con la sentenza n. 33441 del 29 luglio 2015.

Nella vicenda giudiziaria in commento un imprenditore veniva condannato per il delitto di truffa aggravata perchè, tacendo le reali condizioni economiche in cui versava la propria ditta, si era fatto consegnare il materiale ordinato al fornitore mettendo a garanzia del pagamento degli assegni postdatati e, inoltre, facendo leva sulla sua notorietà e referenzialità a livello economico.
Come è noto, in tema di truffa contrattuale, il pagamento di merci effettuato mediante assegni di Conto Corrente privi di copertura, concorre ad integrare l’elemento materiale del reato, qualora sia accompagnato da un malizioso comportamento dell’agente nonché da fatti e circostanze idonei a determinare nella vittima un ragionevole affidamento sul regolare pagamento dei titoli (Cfr. Cass. Sez. II, sent. n. 10850/2014).
Di conseguenza, quindi, per integrare il raggiro idoneo sia a trarre in inganno il soggetto passivo che ad indurre alla conclusione del contratto, è necessario quid pluris tale da determinare nella vittima un ragionevole affidamento sull’apparente onestà delle intenzioni del soggetto attivo e sul pagamento degli assegni (Cfr. in tal senso anche Cass. Sez. II, sent. n. 46890/2011).

Per quanto riguarda l’emissione di assegni postdatati per il pagamento di merci, invece, emettere assegni postdatati non integra nessun illecito penale e il mancato pagamento configura un inadempimento contrattuale che giustifica un’azione civile per il recupero del prezzo e per il risarcimento del danno.
Tuttavia siffatto comportamento assume rilevanza penale nel momento in cui le rassicurazioni sulla possibilità di pagare l’assegno alla data di scadenza (nella piena consapevolezza che, invece, non c’è e non ci sarà adeguata copertura) sono tali da indurre la vittima a credere sulla regolarità nel pagamento dei titoli. Tali condotte, secondo la Suprema Corte, vanno qualificate come artificio o raggiro e quindi devono essere ritenuto idonee a determinare un ragionevole affidamento sulla apparente onestà delle intenzioni del soggetto attivo e sul pagamento degli assegni.

Per concludere, quindi, questo è il principio di diritto espresso nella Sentenza in esame:

<<Integra il delitto di truffa, perché costituisce elemento di artificio o raggiro, la condotta di consegnare in pagamento, all’esito di una transazione commerciale, un assegno di conto corrente bancario postdatato, contestualmente fornendo al prenditore rassicurazioni circa la disponibilità futura della necessaria provvista finanziaria, inducendo in errore l’altro contraente sulla consistenza patrimoniale ed economica della controparte>>